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Da oggi, se la propria auto è in fermo tecnico, per ottenere il risarcimento spettante, bisognerà dimostrare l’effettivo disagio ottenuto. Pensiamo ad esempio ad un artigiano, che con il suo furgoncino è impossibilitato a lavorare, oppure ad una mamma, che senza la sua automobile non può andare a prendere i figli a scuola né recarsi in ufficio.

Non basterà più dare prova, alla propria compagnia assicuratrice o al giudice che presiede al contenzioso, che il proprio veicolo è in attesa di riparazione in un’officina, sarà necessario anche presentare le spese sostenute per la riparazione e il danno economico derivante dal non poter utilizzare la macchina, come nel caso ad esempio di un venditore a cui tocca noleggiare un’auto sostitutiva.

Dopo il sì alle tabelle uniche, che stabiliscono tariffe fisse sia per le micro che per le macro lesioni, ecco che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21318 del 2015, stabilisce che in caso di danno alle cose e alle persone, sarà necessario proporre un’unica domanda di risarcimento e non due. Nel caso analizzato, l’automobilista aveva presentato due ricorsi: uno al giudice di pace per i danni alle cose e uno al giudice ordinario per l’indennizzo legato alle lesioni personali, comportando una lungaggine non richiesta.

La Suprema Corte ha infatti stabilito che se si propongono due diverse domande, si contravviene al principio di buona fede. Mettendo il danneggiante ancor più in cattiva luce, si ottiene un ritardo nella liquidazione del danno, poiché sarà più complesso per la compagnia, occuparsi del risarcimento.

 

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